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Vincitori

Dopo la chiusura forzata di mostre d’arte ed eventi museali in ossequio alle misure di contenimento del virus, Fondazione Francesco Fabbri Onlus è lieta di annunciare l’apertura per il 17 febbraio dell’esposizione collettiva dei finalisti al Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee. L’iniziativa curata da Carlo Sala e giunta alla nona edizione sarà visitabile nella suggestiva cornice di Villa Brandolini a Pieve di Soligo (TV).
L’attuale emergenza sanitaria ha impedito il normale svolgimento della cerimonia di premiazione, che si è tenuta sabato 13 febbraio alle 17.30 in modalità online, accessibile in diretta dalla pagina Facebook di Fondazione Fabbri. Lo sforzo di realizzare l’evento – anche in questo momento così difficile – vuole essere un chiaro segnale di resistenza culturale e di vicinanza al settore delle arti tanto duramente colpito, nella convinzione che la cultura sia parte delle azioni di welfare per il cittadino. In questo anno così complesso abbiamo ricevuto la candidatura di ben 1190 artisti da una ventina di paesi del mondo.

SEZIONE ARTE EMERGENTE

Vincitore

Valentina Furian (Dolo, 1989) si è aggiudicata la sezione Arte Emergente del Premio Fabbri con l’opera Drago del 2020. Sul solco della sua ricerca che indaga il legame tra uomo e natura, l’artista ha proposto una installazione video a doppio canale popolato da fattezze animali dentro uno scenario notturno e rarefatto. Nonostante il titolo sembri evocare la presenza di un essere fantastico dai tratti mostruosi, lo spettatore si ritrova dinanzi a una narrazione fatta di gesti lievi, carichi di delicatezza e cura e pervasa da un silenzio ammantato di spiritualità

Menzionati

La prima menzione della Giuria è stata attribuita alla scultura Sale e Pepe (2019) di Federico Cantale (Legnano, 1996). L’opera, in legno laccato, sembra essere composta da una serie di forme astratte che poi pian piano si ricompongono allo sguardo rivelando le sagome di due corpi sdraiati che si tengono per mano; La scultura evoca così una serie di immagini arcaiche dal valore universale

L’installazione Un abbraccio (2020) di Martina Melilli (Piove di Sacco, 1987) si è aggiudicata la seconda menzione della Giuria. Durante i mesi di lockdown l’artista, in risposta al senso di isolamento che la pervadeva, ha realizzato 54 conversazioni via Skype con una serie di persone che hanno risposto al suo appello. Ognuna di esse le ha spedito un’immagine che è diventata una delle cartoline (parte dell’installazione in mostra) che i visitatori possono acquistare innescando così un’ulteriore dinamica relazionale.

SEZIONE FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA

Vincitore

A vincere nella sezione Fotografia Contemporanea è Paolo Ciregia (Viareggio, 1987) con Stalin 2 (2019), un lavoro collegato al recente dibattito sul valore simbolico dei monumenti che, specie negli Stati Uniti, ha portato alla rimozione di alcune sculture dal carattere divisivo. L’artista ha collezionato vari busti che ritraggono alcuni tra i più noti dittatori del XX secolo vedendo in questi i simulacri di un potere che vuole insinuarsi nella sfera domestica. Ciregia ha creato delle immagini dalle parvenze aniconiche attraverso la scansione degli anfratti degli oggetti, per farne emergere metaforicamente il lato oscuro.

Menzionati

La prima menzione della Giuria va a Silvia Bigi (Ravenna, 1985) per urtümliches Bild #5 (2020), un’opera strettamente legata al periodo che stiamo vivendo segnato dalla pandemia. L’artista ha creato un archivio di sogni, occorsi a persone di vari paesi del mondo durante il periodo di confinamento, che sono poi stati trasformanti in immagini da un algoritmo di apprendimento automatico. La macchina, fallendo il suo compito, ha generato una serie di scenari perturbanti che rimandano alla dimensione dell’inconscio umano

La seconda menzione va al collettivo Orecchie d’Asino (composto da Ornella De Carlo e Federica Porro) per il lavoro intitolato Un pezzo d’acqua (2020). L’opera incarna la natura processuale della loro pratica artistica che in questo caso si snoda attraverso un testo legato all’improvvisazione, un’installazione e un video per giungere infine allo scatto fotografico dove appaiono una serie di oggetti sospesi tra realtà onirica e quotidianità.

L’ultima menzione è andata a Claudia Petraroli (Teramo, 1987) per L’arte è il geroglifico della potenza (gennaio 2020) del 2020, un’opera che innesca una riflessione sulle dinamiche del lavoro all’interno del sistema capitalista. La stampa su raso riporta delle tracce digitali connesse all’attività grafica di post-produzione svolta dall’autrice per alcuni brand del lusso: si tratta di un ‘furto’ che idealmente la risarcisce del tempo sottratto alla pratica artistica e crea un cortocircuito nelle logiche del sistema produttivo.

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